Credito d’imposta ricerca e sviluppo: si può compensare se non indicato in dichiarazione?

Con Risposta a interpello n 30 del 17 gennaio 2022 le Entrate replicano sull'utilizzo del credito di imposta ricerca e sviluppo e in particolare, si risponde ad un istante che domanda se sia consentito l'utilizzo del credito in parola in compensazione anche se non indicato nella dichiarazione annuale di riferimento.

Le Entrate specificano che nonostante l'impossibilità di indicare il credito d'imposta citato nel modello SC/2021, la società potrà comunque – al ricorrere dei presupposti non riscontrabili in sede d'interpello – utilizzare detto credito in compensazione, fermo restando l'obbligo di osservare le modalità di fruizione disposte dalla disciplina di riferimento e di conservare la documentazione contabile certificata dal revisore (o dalla società di revisione) a comprova del credito, da esibire ad eventuale richiesta dell'Agenzia delle entrate. 

La società istante evidenzia che, con assemblea straordinaria di febbraio 2020, ha ridefinito la scadenza del proprio periodo d'imposta (originariamente stabilito dal 1° ottobre al 30 settembre), fissandola al 31 dicembre 2020. 

Per il periodo d'imposta ultrannuale 1° ottobre 2019 31 dicembre 2020 l'istante è tenuto ad utilizzare il modello "Redditi SC2021", il quale, tuttavia, nel quadro RU, sezione IV, contempla esclusivamente il credito d'imposta per attività di R&S disciplinato dall'articolo 1, commi da 198 a 206 della legge del 27 dicembre 2019, n. 160, mentre, riferisce l'istante, «se si inserisce (come sarebbe giusto) il codice B9 [Codice Credito Ricerca e Sviluppo L. 190/2014. Cfr. pag. 233 Istruzioni SC 2021], il programma di controllo blocca la compilazione del campo RU5 generando un errore che NON consente la trasmissione della dichiarazione. Non sono inoltre previsti spazi per l'indicazione dei dati descrittivi relativi ai costi di Ricerca e Sviluppo sostenuti (Media Storica, Ricerca Intra-muros, costi per il personale, ecc.) […]»

Tanto premesso, l'istante chiede se sia consentito l'utilizzo del credito in parola in compensazione anche se non indicato nella dichiarazione annuale di riferimento

Le Entrate ricordano che l'articolo 1, comma 35, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 – modificando l'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9 – ha previsto l'attribuzione di un credito d'imposta «[…] a tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019».

Al fine di evitare eventuali abusi, la normativa ha previsto l'indicazione del credito in dichiarazione e stabilito che un professionista, incaricato della revisione legale dei conti, certifichi la documentazione contabile – individuata dall'articolo 7 del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 27 maggio 2015 – che attesta l'effettivo sostenimento delle spese ammissibili, nonché la corrispondenza delle stesse. Detta certificazione va allegata al bilancio. 

Il termine di applicabilità della citata norma è stato più volte prorogato.

Ciò detto, il modello SC/2021 relativo al periodo d'imposta 2020 – modello utilizzabile anche dai soggetti con «…periodo d'imposta di durata superiore a 365 giorni chiuso al 31 dicembre 2020» (così pagina 2 delle "Istruzioni generali per la compilazione dei modelli redditi delle società e degli enti redditi") – prevede che, nella sezione I del quadro RU, «Con il codice credito "B9" va indicato l'importo residuo del credito d'imposta per le spese in attività di ricerca e sviluppo, istituito dall'art. 3 del D.L. 145/2013, come sostituito dall'art. 1, c. 35, della legge n. 190 del 2014», assumendo che il credito sia stato già indicato nelle dichiarazioni annuali dei periodi d'imposta precedenti, mentre nella sezione IV va indicato il solo credito per le attività di R&S contemplato dalla legge n. 160 del 2019. 

Nel caso specifico, tuttavia, essendo il credito di cui si discute stato maturato dall'istante nel periodo d'imposta ultrannuale 1° ottobre 2019 – 31 dicembre 2020, il medesimo non può essere esposto né nella sezione I del quadro RU (non trattandosi di un "residuo" proveniente dalla dichiarazione annuale del periodo d'imposta precedente), né nella sezione IV (riservata, come già detto, al credito per le attività di R&S di cui alla legge n. 160 del 2019); conseguentemente, si ritiene possibile replicare, in via eccezionale, quanto già chiarito con la risoluzione n. 54/E del 2 maggio 2017, seppure con riferimento all'esercizio di un'opzione, ove è stato consentito di non indicare nulla nella dichiarazione annuale, di conservare la documentazione a riprova del diritto maturato, da esibire a richiesta dell'Agenzia delle entrate, nonché di tenere un comportamento coerente con la scelta effettuata. 

Pertanto, l'istante, nonostante l'impossibilità di indicare il credito d'imposta citato nel modello SC/2021, potrà comunque – al ricorrere dei presupposti non riscontrabili in sede d'interpello – utilizzare detto credito in compensazione, fermo restando l'obbligo di osservare le modalità di fruizione disposte dalla disciplina di riferimento e di conservare la documentazione contabile certificata dal revisore (o dalla società di revisione) a comprova del credito, da esibire ad eventuale richiesta dell'Agenzia delle entrate.

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